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IAM On Air – Stagione 1 – “How I met Agile” – Episodio 3

10 Settembre 2020 - 7 minuti di lettura

Bentrovati al terzo appuntamento, tenuto il 2 Luglio, con IAM On Air – La serie, il nuovo format di conferenze patrocinato da Italian Agile Movement [1].

Come per il precedente appuntamento, La mini conferenza è iniziata con una breve introduzione curata da Anna Russo sull’associazione Italian Agile Movement e le sue finalità, i prossimi appuntamenti “IAM On Air” e una breve spiegazione della board Miro utilizzata durante l’incontro.

Parola poi a Giuliano Latini che ha introdotto gli speaker Stefano Pistorio e Daniela Cecchinelli che hanno animato la mattinata con il racconto delle loro esperienze sul tema “How I met Agile”.

Buona lettura.

Per scoprire l’Agilità basta non pensare

Stefano ha racconta il suo percorso verso l’Agilità che definisce per buona parte inconsapevole. Un percorso fatto di eventi, che per l’occasione sono stati trasformati in episodi (dopotutto siamo all’episodio tre di IAM on Air).

Ep. 1 – C’era una volta un team

All’epoca (circa 15 – 20 anni fa) Stefano lavorava come sviluppatore. Faceva parte di un team di 7 persone con un elevato turnover. Regnava la disorganizzazione, il cambio del piano di lavoro era all’ordine del giorno, e a volere tutto ciò era proprio il team leader. Uno stesso task veniva assegnato a persone diverse, e questo generava confusione tra persone e ruoli. Come se non bastasse, controllava il codice per assicurarsi che tutti usassero le sue linee guida e il suo stile, il tutto condito da una buona dose di comunicazione aggressiva.

“Tu non pensare, devi programmare”

L’entusiasmo di Stefano (e del team) era al minimo. Citando Daniel Goleman, non erano in un Flow State [2].
Per reagire, Stefano si era costruito una confort zone, ma c’era bisogno di un cambiamento.

Ep. 2 – Le necessità della svolta

Che fare quindi? Continuare a rimanere nella confort zone, ma non crescere mai, oppure rompere quella campana di vetro e cercare di crescere?

Ep. 3 – Nuovi obiettivi

Stefano ha deciso di crescere, per farlo si è applicato nello studio per migliorare le proprie soft skill sulla gestione del team. Con gli anni è diventato team leader applicando principi e regole sul team. Ancora non bastava, Stefano era autodidatta, e l’Agilità era ancora a lui ignota.

Ep. 4 – Proviamo ad essere umani

Riprendendo il primo dei quattro principi del Manifesto Agile [3]

Gli individui e le interazioni più che i processi e gli strumenti

Stefano ha da sempre dato molta importanza al lavoro sulle persone, sullo stato di salute del team e curare le relazioni nel gruppo.
Riprendendo Daniel Goleman e il Flow State, se si è nel proprio stato di flusso, si è focalizzati, flessibili agli imprevisti e tutte le skill (hard e soft) sono attivate.

Ep. 5 – Una nuova scoperta

Stefano finalmente ha incontrato l’Agilità, nella sua attività di studio. Cerca di identificare quali siano i concetti chiave, ed è rimasto colpito da uno in particolare.

La semplicità, ovvero l’arte di massimizzare la quantità di lavoro non svolto.

Da appassionato di subacquea quale è, per spiegare meglio l’importanza del concetto appena espresso Stefano ha fatto un azzeccatissimo esempio, quello dell’erogatore subacqueo. Il neofita è spesso attratto dal modello più bello, più complesso, invece l’istruttore ricorda che ciò che occorre è l’attrezzatura più semplice possibile. In effetti il neofita non si rende conto che l’erogatore ultimo modello è tanto attraente quanto complesso. E si sa, più un qualcosa è complesso e più è soggetto a problematiche. Che devi poi gestire sott’acqua.

Questo concetto dell’erogatore minimale andrebbe applicato anche nei progetti software: portiamoci dietro il necessario, quindi creiamo task piccoli, brevi, semplici, ma che comunque apportano valore.

Tornando alla sua storia, Stefano ha raccontato che da parte del management iniziavano i primi “mal di pancia”. Notavano che il team lavorava con un approccio diversi, ma tempi e budget? Saranno rispettati? Che garanzie mi danno?
Citando Clint Eastwood

se vuoi una garanzia, compra un tostapane

Stefano comunque non demorde e continua il suo percorso verso l’Agilità. Studia, prende qualche certificaizone, partecipa a corsi, webinar, conferenze.

Ep. 7 – Progetti Agili

Stefano ha iniziato a lavorare come Scrum Master, e a distanza di anni ha ritrovato gli stessi problemi: team che non conosce l’Agilità, livello alto di stress, comunicazione aggressiva.
Forte della sua esperienza, capisce che bisogna ripartire da zero, dalle persone: spiegare in che cosa consistono le varie cerimonie agili ecc. Ma la parte più difficile è spingere le persone a cambiare, evitare che si chiudano nella loro confort zone.
Per farlo, ha lavorato molto sulla comunicazione, un lavoro più da coach, da mediatore.

Ep. 8 – Si salpa

Il viaggio verso l’Agilità è come andare su una barca a vela. Definita una destinazione, poi durante il viaggio entrano in gioco molti fattori da dover gestire. “Io non vado all’isola di Capraia ma parto per Capraia” per fare un esempio. E quali sono questi fattori? Il vento, le correnti…e l’equipaggio deve adoperarsi per aggiustare continuamente la rotta.

E succede altrettanto con i progetti, con l’Agilità. Sprint dopo sprint ci si aggiusta.

Conclusioni

In chiusura del suo intervento, Stefano ringrazia tre personaggi che si è ritrovato nel suo percorso:

  • l’uomo che non vuole pensatori
  • le persone che lo hanno avuto come team leader
  • i suoi amici coach

Da oggi farai il PO…e che è?

Daniela è un’ingegnere informatico, laureata 21 anni fa, che ad un certo punto ha incontrato l’Agile.

Nel suo talk non è stata fatta una disquisizione sul Product Owner (PO), bensì è stata raccontata la storia del primo team con il quale ha iniziato a lavorare come PO.

Correva l’anno 2009

Nel 2009 Daniela lavorava come Project Manager (PM) a supporto di un team per una società altamente specializzata per erogare servizi per operatori mobili worldwide. Si realizzavano applicazioni per Vodafone Italia.
Da un giorno all’altro, il management decise che il team doveva lavorare usando SCRUM e Daniela nel ruolo di PO, con un’altra persona a dare supporto come Scrum Master.

“Che è Scrum? Chi è il PO? Che fa?” Questi e mille altre domande frullavano nella testa di Daniela.

Contesto: team e metodo di lavoro

Il team era composto da cinque massimo sette persone, altamente skillato tecnicamente (nel team erano presenti tra i primi sviluppatori di app iOS e Android in Italia). L’obiettivo era chiaro e condiviso. Daniela svolgeva il ruolo di era sì PM ma non aveva alcun potere, bensì fungeva da interfaccia tra il team e gli stakeholder.

Non vi era nessun controllo da parte di qualcuno (come invece ha raccontato Stefano nella sua esperienza).

Insomma, era un contesto Agile di natura. Le persone erano altamente motivate (libertà di organizzazione del lavoro, nessun processo imposto). Ma nessuno ne era consapevole.

Come lavorava il team?

Una sfida classica riguardava porting di un servizio esistente su un nuovo device, che nessuno ancora aveva in Italia. Come tempistiche avevano mediamente due o tre settimane, non potendo negoziare oltre (non si poteva posticipare l’uscita del nuovo device).

Come detto in precedenza, il contesto era Agile senza volerlo. Daniela e il resto del team infatti si organizzavano con iterazioni di una settimana (ritmo di suo già Scrum) in maniera tale da poterne fare almeno due e quindi di volta di volta aggiustare il tiro in base ai feedback del cliente

Come si organizzavano?

  • Planning: per inserire i task necessari per il tempo a disposizione. Evidenziando fin da subito rischi su alcune feature.
  • Review: fase in cui si rivedeva il piano. Ingaggio continuo con il cliente
  • Retrospective
  • Daily: mini riunioni tutte le mattine in cui si pianificava il lavoro giornaliero, anche i momenti di sincronizzazione per integrare tutte le implementazioni.

Il mindset era Agile.

Oggi

Tornando al presente, Daniela ha acquisito molta più consapevolezza sul ruolo del PO e dello Scrum Master (anche grazie a corsi e certificazioni che ha conseguito). Tornando indietro con la memoria, oggi capisce tante cose di quanto successo in passato.

Il suo percorso verso l’Agilità non è terminato, c’è bisogno di continuous learning: studio + partecipazione + confronto.

Negli anni a seguire questo suo cambio di ruolo in PO, ha iniziato a studiare, ma anche ricercare altre persone che come lei ricoprivano questo ruolo. Partecipando a diverse conferenze, notava che erano tutte sullo Scrum Master.

Oggi Daniela è sia PO ma anche Scrum Master. Ha anche dato supporto ad altre realtà come coach, conseguito altre certificazioni e, da qualche anno a questa parte, è tra gli organizzatori del PO Camp [4].

Prima di salutarci, Daniela ci riporta una definizione di Agile “as a capability” [5] di Lena Ross, presente in ogni realtà complessa. Un mindset che mette in atto una serie di comportamenti e in ultimo come li fai, con quali pratiche. Una piramide.

Ci si vede nella strada dell’Agile!

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