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Seeing through Complexity – navigare in sistemi complessi

31 Marzo 2021 - 8 minuti di lettura

Essere un leader al giorno d’oggi è un esercizio molto impegnativo, a volte proibitivo se non attrezzati con le giuste competenze.
Un leader deve obbligatoriamente sviluppare dei veri e propri “superpoteri” che gli permettano di muoversi con maggiore confidenza, agilità e sensibilità nei cosiddetti sistemi complessi, tali da incrementare le probabilità di successo per l’organizzazione.

Di questo ha trattato la presentazione di Emiliano Soldi nel webinar organizzato il 23 Febbraio da Codemotion Tech Community e supportato da diverse comunità locali quali S.A.M. (Scrum Agile Milano) e Agile Evangelists Lugano.

Buona lettura.

Prima di parlarci dei superpoteri che un leader Agile (ad esempio un team leader o un Agile coach) debba sviluppare, Emiliano ci ha raccontato una storia molto utile alla comprensione della tematica.

Superpoteri e sistemi complessi nella storia: la Seconda Guerra Mondiale

Da una situazione complessa a una situazione caotica

La marina militare, all’inizio del secondo conflitto mondiale nel 1942, credeva di possedere un enorme vantaggio, una sorta di superpotere. A voler ben vedere erano due i superpoteri in questione, rappresentati da due innovazioni tecnologiche: il radar e la radiofrequenza.
Con l’uso del radar gli americani erano certi di avere più probabilità di scovare il nemico mentre con l’uso della radio potevano far comunicare tra loro le flotte senza rischiare che il nemico scoprisse la loro posizione.

Si credevano quindi più forti, ma…

Quello che accadde non fu il massimo, proprio per “colpa” di questi superpoteri.
Il radar captava sì gli ostacoli ma non permetteva di capire se fossero navi nemiche o semplici scogli o isole, portando le flotte ad avvicinarsi e quindi esporsi.

Come fare per evitare questo rischio?
Sfruttare la radiofrequenza per comunicare e aiutarsi nel comprendere il feedback dei radar. Ciò però creò molta entropia e quindi una dispersione di importanti ordini radio…insomma, gli americani passarono da una situazione complessa ad una di caos (più avanti spiegheremo la differenza tra le due).

C’era tante, troppe informazioni ma completamente scorrelate.

Combat Information Center: Sperimentare è fondamentale

L’allora presidente americano Roosevelt decise di affidare il comando della flotta, e della situazione, all’ammiraglio Nimitz, considerato all’epoca uno dei pochi leader illuminati.

Lo stile di leadership adottato da Nimitz era avanzato: faceva “empowerment”, responsabilizzava, dava la giusta libertà di manovra ai vari comandanti delle navi della flotta. A tutti gli effetti un precursore del più moderno stile di servant leadership.

Tornando alla nostra storia, Nimitz invece di impartire ordini dall’alto diede ai suoi una visione: collaborare cercando di essere il più efficienti possibile sfruttando al meglio le tecnologie e le informazioni a disposizione. Un po’ come dovrebbe fare oggi un leader ovvero dare una vision, chiara e condivisa con tutto il team senza però dire cosa fare.

La leadership dell’ammiraglio abilitò i comandanti e gli equipaggi di ogni nave alla sperimentazione per raggiungere quell’obiettivo. Tutti insieme collaborarono, dai tecnici ai marinai, come i moderni team cross-funzionali. Il tutto in una situazione di vero caos, la Seconda Guerra Mondiale.

Il duro lavoro e i vari esperimenti portarono alla creazione del CIC, il Combat Information Center. Le tecnologie e le modalità di utilizzo vennero decise in autonomia tra i vari equipaggi. Oltretutto ciò portava un bel vantaggio in caso di attacco dato che per agire non c’era più il bisogno di interpellare il comandante per eseguire degli ordini: tutto il team era consapevole delle informazioni ed era responsabilizzato a dovere.

Qual è la morale di questa storia?
Di fronte a scenari complessi le soluzioni devono emergere attraverso l’esperienza. La sperimentazione è un elemento fondamentale.

Bene, torniamo ora al 2021.

Come navighiamo attraverso i sistemi complessi?

Capiamo innanzitutto che cosa si intende per sistema complesso.
Un sistema complesso è un sistema aperto che dialoga con l’esterno scambiando continuamente informazioni che ne influenzano lo stato.

Anche noi stessi, semplicemente osservando un sistema complesso, ne alteriamo lo stato dato che indirettamente lo stiamo influenzando. Figuriamoci se dovessimo iniziare a dialogarci, se facessimo delle attività di invio e ricezione di dati e informazione.
Citando il titolo di una conferenza di  Edward Lorenz [1]

“Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?”

Questo è l’Effetto Farfalla, basato sull’idea che piccole variazioni nelle condizioni iniziali producano grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema.

Riprendendo la definizione iniziale, possiamo quindi vedere un sistema complesso come un insieme di tante componenti autonome che dialogano tra loro e che cambiano costantemente.

Attributi dei sistemi complessi: A.B.I.D.E.

Emiliano riassume gli attributi di un sistema complesso con l’acronimo A.B.I.D.E.:

  • Attractors:  gli attrattori, le forze che stimolato i pattern di cambiamento.
  • Boundaries: i perimetri all’interno del quale possono avvenire cose, ad esempio la mission del team, le policy, i ruoli.
  • Identity: l’identità del sistema.
  • Dissonances: dissonanze, perché in un sistema complesso le cose accadono in contrasto con ciò che ci aspettiamo. La dissonanza quindi va studiata, capita.
  • Environment: il contesto fisico o virtuale dove le cose accadono.

L’importanza degli Attrattori

Gli Attrattori sono fondamentali ed è è importante capire come crearli affinché le cose accadano in un certo modo.
Ad esempio lo storytelling è un ottimo attrattore perché quando raccontiamo una visione, una missione, dei principi, e siamo abbastanza bravi da convincere gli attori del sistema saranno poi loro stessi  nel tempo ad agire e comportarsi in relazione a quei valori definendo anche un perimetro entro il quale stare.

Ricorrere all’uso di metafore è altrettanto potente, perché allineano le persone attorno ad una conoscenza condivisa.

Come detto prima, i sistemi complessi cambiano continuamente. Ma ogni sistema complesso ha una sua storia, una memoria, che predispone il sistema a muoversi in un certo modo.
Il sistema ha quindi una tendenza a muoversi in un certo modo, e questo è utile perché ci da informazioni per capire come influenzare il sistema a cambiare come vorremmo.

Come comprendiamo tutto ciò in un contesto Agile?

Superpoteri utili ad un leader Agile per navigare in sistemi complessi

Il super udito

Un leader dovrebbe Ascoltare, essere in grado di sentire ciò che accade intorno a lui, per comprendere meglio in che dominio si trova.
C’è un rischio però, ed è quello di portare in campo uno stesso stile di leadership, magari uno che in passato ha riscosso successo.

Per classificare il dominio in cui si trova, un leader potrebbe ricorrere al modello Cynefin [2] che classifica i sistemi in quattro quadranti:

  • Ovvio – Tutto è noto, ogni problema è chiaro e si conosce la soluzione. Un leader deve categorizzare le informazioni e rispondere, dato che c’è una e una sola soluzione. Deve delegare il lavoro e la decisione alle persone giuste, il processo è chiaro.
  • Complicato – Potrebbero esserci più soluzioni al problema, la relazione causa-effetto non è chiara e necessita di analisi. Un leader dovrebbe portare a bordo esperti sulla tematica per raccogliere informazioni utili e permettere loro di stabilire la/le soluzione/i.
  • Complesso – Analizzare il problema non è sufficiente, entrano in gioco altre variabili e fattori. Nei problemi complessi abbiamo tanti elementi che si condizionano l’un l’altro. Un leader deve fare esperienza, sondare ciò che accade nel sistema e poi capire come rispondere. Deve cercare l’interazione con il sistema e facilitare le soluzioni che emergono dal campo utilizzando gli elementi che si hanno a disposizione.
  • Caotico – In questa categoria rientrano i problemi in situazioni di totale emergenza, si pensi come scenario a quanto purtroppo accaduto al World Trade Center nel 2001…scenario di confusione ed emergenza assoluti, non c’è ordine, non c’è tempo di fare analisi. Che fare? Un leader deve agire in maniera tempestiva con azioni che stabilizzino la situazione e solo poi capire come muoversi.

Quindi il primo superpotere per un leader riguarda capire in che contesto si trova.

La vista ad infrarossi

Un superpotere che si sviluppa tramite la sperimentazione iterativa.
Come facciamo a sperimentare? Emiliano usa la metafora delle sonde, strumenti che vengono introdotti nel sistema per studiarne le reazioni, capire come reagisce.

L’ideale sarebbe organizzare ed eseguire esperimenti piccoli e che siano “safe to fail” ovvero che permettano, in caso di fallimento, di invalidare le ipotesi precedentemente formulate e quindi aggiustare il tiro.

Un framework consigliato da Emiliano è il Lean Change Management [3], un approccio “guidato dal feedback” usato per guidare iniziative di cambiamento seguendo un approccio startup allineato a principi Lean e Agili.

Super polpastrelli – Saper toccare la realtà con la mano

Con questo superpotere si intende saper captare i cosiddetti “weak signals” in azienda.
Per weak signal, ovvero segnale debole, si intende un tipo di segnale futuro che può essere definito come l’evidenza di cambiamenti emergenti in un processo continuo di esplorazione di un ambiente specifico. I segnali deboli sono eventi troppo nuovi per misurare il loro impatto futuro e per reagire adeguatamente ad essi.

Riprendendo la metafora precedente, quali sono i sensori che le aziende devono sviluppare per essere più adattive ed avere un vantaggio competitivo sul mercato?
Ad esempio, quanto il team è esposto verso l’utente finale del prodotto? E’ importante perché dall’utente finale si captano informazioni utili per capire come realizzare il prodotto.

Ognuno di noi però percepisce l’informazione a suo modo. Ma non basta. Il weak signal è frammentato, incerto, non predicibile, è inusuale, sommerso da altrettanti segnali magari più rumorosi.

Un leader dovrebbe facilitare la creazione di un’intelligenza collettiva ovvero permettere che le persone si riuniscano per parlare tra di loro e magari validare quell’informazione debole e vaga.
Come? Con pratiche quali Lean Coffee, retrospettive, review ovvero con strumenti che aiutano a fare un “reverse engineering” della realtà.

Avere muscoli super flessibili

Per capire in che direzione il team si dovrebbe muovere.

La strategia classica arriva dall’alto, dal top management, ed eseguita dai team sottostanti. Oggi è diverso, infatti alla parola strategia si associano due parole: open, aperta, e adaptive, adattiva:

  • Open – Creazione della strategia aperta a tutti i dipendenti che abbiano un’idea di come l’azienda si dovrebbe muovere. Perché il dipendente è colui che lavora (dovrebbe perlomeno) a stretto contatto con il cliente.
  • Adaptive: fare in modo che le iniziative, ad es Agile Team decisi da strategia open, vengano messe in atto attraverso iterazioni e lavorare sui feedback che vengono generati.

Il superpotere qui è la capacità di flettersi nei mercati per capire in che modo le nostre strategie potrebbero essere aperte e adattive.

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